di Arturo Onofri
In un’intervista rilasciata a una TV che si occupa di recensioni librarie, il famoso scrittore Tom Clancy, statunitense, da poco scomparso, tenne a precisare che mentre scriveva i suoi romanzi di azione sulla testa non gli aleggiava alcuna Musa che lo ispirasse. In ogni caso, aggiungeva, la letteratura in genere, la sua come quella di altri autori, nulla deve alla dimensione trascendente, essendo frutto di tecnica pura e semplice, esito cioè del talento personale e del mestiere che nel tempo si affina per arrivare all’eccellenza. Il soffio dello spirito creativo, concludeva, è solo una favola.
Un’idea, la sua, comune ormai alla maggioranza degli artisti, siano essi scrittori o poeti, sceneggiatori, drammaturghi o coreografi, pittori, scultori o musicisti. Circola infatti, nella variegata famiglia dei creativi a livello nazionale e globale, un comandamento che, se non proprio impone, tuttavia suggerisce agli artisti di operare in regime di freedom and not genius, ossia di totale libertà esecutiva, di modo che il prodotto artistico non abbia nulla di induttivo, che non venga cioè ispirato dall’alto, da una dimensione che si rapporti col soprannaturale, ma derivi da intuito personale. Il genio che testimonia dell’immanenza dello spirito nella realtà fisica del mondo non è da considerarsi essenziale nel concepimento iniziale e nella realizzazione finale dell’opera d’arte.
Lo stato di grazia che viene elargito dal divino come rivelazione del sublime da trasfondere nell’oggetto plasmato, nel segno tracciato, nella parola trasfigurata, è tenuto in sospetto di magheggio, di esercizio sciamanico. Ne consegue che certe astruse installazioni passano per opere d’arte, mostruosità architettoniche per templi della forma, musiche e canti monotonali neganti l’effusione melodica per inni esemplari.
Stampare e diffondere, in tali temperie farisaiche, il Nuovo Rinascimento di Arturo Onofri non è pertanto solo un’operazione editoriale di pregio, oltre che di coraggio, ma soprattutto una nobile azione terapeutica per i fruitori di poesia e non solo, e per certi aspetti uno strumento tale da esorcizzare i fluidi tossici di certe massime etiche diffuse dai guru delle nuove filosofie comportamentali, tipo il «be hungry be foolish» di Steve Jobs, adottato da schiere di giovani e meno giovani che, prendendo alla lettera la massima, hanno follemente trasgredito senza imbastire metodiche utili a saziare la fame di sublime che mai come in questa epoca l’umanità avverte, in particolare i giovani.
Tali metodiche sono chiaramente esposte nel capitolo del libro di Onofri che riguarda la tecnica poetica, ma per esteso finiscono per riferirsi a ogni procedimento creativo, il cui fine ultimo è l’accesso dell’artista al fiume degli archetipi da cui attingere, nuovo Prometeo, il soma dell’ispirazione sorgiva e farne dono espressivo.
La pseudo libertà di cui parla il nuovo verbo materialistico potrebbe semmai nobilitarsi concretizzandosi in quella che Rudolf Steiner assegnava alla conoscenza spirituale, e che affranca l’artista dalla pania dei sensi consentendogli di trasferire l’opera dall’ambito personale all’universale, alla dimensione atemporale.
Le parole di Onofri valgono da regola dell’arte intesa spiritualmente e fissano il ruolo dell’artista quale celebrante di un rito mediante il quale collega l’umanità all’eterno: «Si può affermare che il poeta realizza un corpo verbale perfetto quando si attiene assolutamente allo spirito della poesia che vuole manifestarsi attraverso di lui. …I1 problema della tecnica tratterebbe dunque della capacità di accogliere coscientemente, nella propria volontà umana, un certo spirito di rivelazione superiore, eliminando, in quel momento, tutto ciò che non è esso, astraendo da tutto il resto del mondo, sia umano sia non umano. …Uno stato di concentrazione volontaria, astratta da tutto il resto, è l’atto fecondatore per il quale, con la parola umana, si può mettere al mondo una rivelazione divina. …Una vera scienza del Verbo, una logologia (per usare una parola di Novalis) dovrà sorgere via via nell’avvenire… Questo metodo è indicato nelle prime linee del Vangelo di Giovanni, quando il Verbo divino viene chiamato il principio creatore di tutte le cose e di tutte le creature…».
Il Nuovo Rinascimento di ç Arturo Onofri, pubblicato un secolo fa, allora segnale di un anelito umano al sovrannaturale nella temperie nichilista imperante, si ripropone oggi con la stessa urgenza.
Fulvio Di Lieto